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Home Gli Speciali XVII CONGRESSO TERRITORIALE CISL - SEGRETARIO GENERALE MARCO SALVINI

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XVII CONGRESSO TERRITORIALE CISL - SEGRETARIO GENERALE MARCO SALVINI PDF Stampa E-mail

Tutti coloro che hanno scelto di essere qui oggi hanno in comune valori ed aspirazioni.

Tutti sono interessati al lavoro; non solo al loro lavoro, ma anche a quello degli altri; così come al mantenimento e miglioramento delle condizioni economiche e strutturali.

Tutti quelli che sono qui hanno scelto la strada di non perseguire questi obiettivi da soli ma insieme agli altri.

Hanno scelto di farlo con l’uso di uno strumento associativo collettivo che è la Cisl.

 

La Cisl di Arezzo conta oggi oltre 23.000 iscritti di cui oltre la metà sono lavoratori attivi.

All’appuntamento odierno ci arriviamo, dopo avere coinvolto circa 500 delegati di azienda o di lega nei vari direttivi costituitosi nelle categorie.

Domani eleggeremo il direttivo Confederale ed il nostro percorso continuerà sia per le categorie che per la confederazione ai livelli regionali e nazionali.

 

E’ un percorso lungo e partecipato che vede, ogni 4 anni, l’affacciarsi di nuovi volti così come di nuove energie e militanze, che saranno poi protagonisti all’interno dell’organizzazione.

 

Taluni critici ci definiscono vecchi, non adeguati ad una società che fa del dinamismo e della velocità decisionale gli elementi necessari allo sviluppo per affrontare il futuro.

Certo, sarebbe più facile, anziché affrontare un percorso lungo e faticoso nell’ascolto di tutte le istanze, affidarsi a sondaggi o agli umori della base, comunicare attraverso network e mass-media le nostre volontà invece di costruire una rete di delegati in tutti i settori, di affidarsi al confronto ed al dialogo per partorire le nostre iniziative e decisioni.

 

Ma ci sarà una ragione perché la politica ed i partiti sono stati spazzati via nella prima così come seconda Repubblica; in più occasioni costretti a cambiare nome e simboli mentre noi resistiamo nonostante soffi forte il vento dell’antipolitica che, spesso, ha cercato di equipararci alla politica nonostante ci dividano differenze abissali come sui costi pubblici del Sindacato rispetto alla politica.

 

Certo, non possiamo bearci del fatto che la politica soffre in  termini di legittimazione, pensando che noi siamo indenni da ogni contagio. L’immobilismo e lo scimmiottamento dell’antipolitica potrebbero divenire letali anche per noi.

 

Non possiamo gioire del vento dell’antipolitica che troppo spesso è stato alimentato nel nostro paese. La caduta di credibilità dei partiti e delle istituzioni rischia di travolgere anche noi (anche se, lo ripeto, non godiamo di alcun privilegi della politica) perché le nostre richieste ed aspettative per essere sostenute hanno anche bisogno di interlocutori forti ed autorevoli.

 

I nostri nemici sono il populismo, la demagogia, il menefreghismo, il qualunquismo perché tendono ad allontanare la gente ed i lavoratori dalla politica e dal sindacato.

Spesso ho sperimentato di persona che nelle varie realtà lavorative dietro queste spinte si nascondono interessi personali o posizioni di privilegio che potrebbero essere neutralizzate con soluzioni di contrattazione collettiva.

Faccio degli esempi concreti.

Chi ha fatto dello straordinario un elemento continuativo della retribuzione, non vede bene una contrattazione degli orari.

Chi è abituato ha contrattare individualmente il proprio superminimo vede come antagonista una contrattazione collettiva sui premi aziendali.

 

La nostra ambizione è costruire un mondo del lavoro fondato su una maggiore partecipazione dei lavoratori alle scelte delle imprese.

A ben vedere questa è una strada obbligata che ci è imposta dai nuovi tempi. E visto che ci richiedono più disponibilità, flessibilità, attenzione e dedizione al lavoro lo scambio non può che non passare da una più importante partecipazione sia nelle scelte che in termini salariali.

 

Quando ci troviamo nel mezzo di una crisi o comunque in uno stato di difficoltà ci viene richiesto di derogare da alcuni principi e conquiste analoga richiesta dovrebbe essere avanzata quando le cose vanno bene a vantaggio dei lavoratori. Per fare questo è necessario avere una rete di delegati all’altezza delle sfide.

Sfide che hanno bisogno di formazione e di presenze e la scelta di rendere obbligatoria una percentuale di delegati nei vari organismi direttivi non è casuale.

 

La partecipazione dei lavoratori alle scelte deve poter utilizzare anche ad altri strumenti non solo aziendali e mi riferisco ad una più ampia bilateralità da diffondere in tutti i settori secondo esperienze già consolidate.

La democrazia di uno stato si fonda sulla partecipazione. Anche l’economia ha bisogno di una maggiore partecipazione, lo sviluppo dei fondi pensione integrativi, che hanno visto un rallentamento delle adesioni, dovuto ad una fase recessiva, vanno in questa direzione.

 

D’altro canto, lo sviluppo della democrazia economica è la via maestra per riformare lo stesso capitalismo degenerato in un liberismo sfrenato, con l’espansione della finanziarizzazione contro la crescita della economia reale, con una sempre più iniqua distribuzione della ricchezza, con la mortificazione del valore e della dignità del lavoro.

 

Un nuovo equilibrio tra capitale e lavoro, tra tutele, diritti e opportunità, tra competitività e sviluppo sostenibile è possibile.

Esso dipenderà dall’affermarsi della partecipazione dei lavoratori ai destini dell’impresa, con la contrattazione  per le condizioni di lavoro, la sussidiarietà della bilateralità, il coinvolgimento nella governance e nell’accumulazione.

 

Questi ultimi 4 anni sono stati anni di crescita inimmaginabili solo alcuni anni fa.

Spesso ho avuto occasione di ripetere quali sono stati i miei esordi in CISL.

Era il 1976 e da giovane operatore del sindacato mi veniva affidata una bandiera da portare sul palco del comizio; succedeva spesso che quella fosse l'unica bandiera con più colori che sventolava.

 

Erano gli anni delle grandi conquiste per il sindacato; la contrattazione si diffondeva nelle aziende grazie ad una nostra iniziale intuizione anche se la presenza della CISL appariva  in piazza fortemente minoritaria.

Dopo la fase dello sviluppo dove era facile trovare una intesa, perché c'era qualcosa in più da distribuire per tutti, subentrò una fase più delicata: c'era da fronteggiare l'inflazione e la necessità di introdurre meccanismi di predeterminazione del salario  che superassero quelli esistenti.

Gli scontri sul da farsi coinvolsero governo e sindacati; da lì iniziò una fase di marcata divisione dove la Cgil andava in piazza e noi cercavamo di caratterizzarci con il dialogo e iniziative nei palazzetti o sotto i tendoni.

Questo metodo fu portato avanti dai vari segretari generali: Carniti, Marini, D'antoni, Pezzotta.

Volendo fare una sintesi della sintesi di quel periodo si va dalla predeterminazione del salario con Carniti al patto per l'Italia di Pezzotta.

 

Con Bonanni, negli ultimi 4 anni, la Cisl più volte è scesa in piazza insieme alla UIL riempiendo piazza del Popolo a Roma abbattendo così un falso mito che la piazza fosse solo proprietà di una certa area politico sindacale.

 

In uno dei comizi di piazza, Bonanni esordì con la frase “quanti belli colori”. Quella 3 parole ha rappresentato, per me e per tanti come me che vengono da un certo trascorso, un momento importante di liberazione da un complesso che tante volte ci aveva portato a sopportare posizioni non condivise e che tenevano immobile il sindacato in nome di un unità che spesso si fondava sullo stare fermi.

 

Il percorso fatto fino ad oggi, non è certamente finalizzato a volere marcare le divisioni od a rimarcare esclusivamente la nostra identità, perché nel nostro statuto, non abbiamo cancellato l'obiettivo di una più ampia unità sindacale.

Ma, se unità sindacale deve essere sinonimo di immobilismo nelle scelte rilegando l'azione del sindacato ad un ruolo di sola protesta e in una posizione subalterna alla politica, devono sapere, che noi non ci stiamo, perché siamo cresciuti a tal punto da poterci assumere le responsabilità anche da soli, consapevoli che la nostra assunzione di responsabilità è anche per coloro che non hanno il coraggio di fare altrettanto.

 

Purtroppo l'attitudine a cercare il consenso per governare le dinamiche del presente senza pensare al futuro è una malattia molto diffusa non solo a livello dei partiti ma anche in importanti frange del sindacato.

Mi viene in mente la sproporzione tra le polemiche sollevate nei confronti dell'allungamento di 6 mesi per le finestre pensionistiche rispetto ai 6 anni del Governo Monti (evidentemente nel presente pagava sostenere quelle battaglie), che si sono, di fatto, rivolte a spese di coloro che dovranno andare in pensione non con 35 ma con 44 anni di contributi.

 

Ma il settore prìncipe della filosofia sindacale del non assumersi responsabilità è quello metalmeccanico, dove la FIOM persegue, da anni, l'obiettivo di imporre un diritto di veto ad ogni decisione che viene assunta dalle altre organizzazioni sindacali.

Siamo ormai al 4° rinnovo di contratto nazionale che la Fiom non firma, guardandosi bene dall'invitare al rifiuto degli aumenti concordati da noi e dalle altre organizzazioni sindacali ma, anzi, sostiene strumentalmente di considerare un acconto l'aumento concordato. Fortunatamente sta maturando nei lavoratori (mi dicevano al nostro congresso FIM) la consapevolezza che il saldo non arriverà mai e che questo sindacato, la FIOM, sta vivendo sulle spalle degli altri.

Purtroppo, dobbiamo registrare che questa ossessiva divisione tra i lavoratori, non giova al sindacato, che vede nel settore metalmeccanico, che conta il doppio degli addetti del settore chimica/moda, la metà degli iscritti di quest’ultimo e questo vale per tutte le sigle sindacali.

Tale divisione alimenta il qualunquismo ed il menefreghismo che spesso nascondono anche la conservazione di interessi che tendono a mantenere lo status-quo.

Si rischia di creare un humus ideale per populismo e demagogia, che sono i veri nemici del sindacato perché tendono ad allontanare la gente da chi cerca di dare risposte collettive spingendo verso un individualismo che tende ad affermare la legge del più forte affossando ogni forma di solidarietà.

 

In questi ultimi difficili anni il nostro rimanere, pervicacemente ai tavoli, ci ha fatto affibbiare degli epiteti di filogovernativi od eccessivamente moderati, ma il nostro atteggiamento ha salvato i lavoratori da spinte e derive che in altri paesi europei hanno assunto caratteri fortemente negativi in termini di diritti e conquiste cancellati, in poco tempo, in nome di un emergenza finanziaria internazionale, che ha messo a dura prova tutto il sistema finanziario ed in particolare quello europeo.

 

L'Unione Europea, nonostante le interessate e storpiate raffigurazioni nell'immaginario collettivo, vanta il PIL più alto al mondo con oltre 17.000 miliardi di €uro: più alto degli USA di circa 15.000 miliardi di €uro; quasi tre volte quello della CINA di circa 7.000 miliardi di €uro.

Se andiamo a calcolare, però, il Pil pro capite nel nostro paese si aggira intorno ai 35.000 €uro e in CINA intorno ai 4.000 €uro.

Questi dati, per insinuare un dubbio nei cosiddetti profeti dello sviluppo, che vedono una fine della crisi con una semplice ripresa dei consumi.

E'  molto più plausibile che una ripresa dei consumi avvantaggi i popoli con un PIL più basso tendendo a colmare le distanze che ad incrementarle.

 

La crisi sembra, ormai, un elemento costante negli ultimi anni di economia del nostro paese; nel frattempo la società cambia, ci sono settori che dovevano essere scomparsi secondo alcuni e che invece si sviluppano, altri che scompaiono sotto la spinta della delocalizzazione.

 

Profonde trasformazioni investe il settore dei servizi: dal credito alle telecomunicazioni, dal commercio alla Pubblica amministrazione.

Nonostante che il nostro Pil sia quasi fermo negli ultimi anni, la nostra società, la nostra provincia non sono ferme.

Come nel resto della Toscana e dell’Italia gli ammortizzatori sociali stanno accompagnando questo processo di trasformazione che nella nostra provincia vede un caratterizzarsi della Cassa integrazione in deroga vista la peculiare e massiccia presenza rispetto ad altre realtà del territorio toscane di piccole attività artigiane e commerciali, che hanno fatto la ricchezza del nostro territorio ma che ora soffrono più di altre.

 

Il modo di dire “Piccolo è Bello”, che ha accompagnato molte attività del nostro territorio è stato cancellato negli ultimi anni di trasformazione; oggi, le aziende che resistono sono quelle inserite in una filiera o fanno parte di un sistema: il made in Italy.

Tuttavia, i bei prodotti non si affermano se non sei inserito in un retail di vendita che necessita molto spesso dimensioni mondiali. Le grandi griffes che si sono insediate positivamente nel nostro territorio, Prada, Gucci, Ferragamo, Dolce e Gabbana ecc. hanno tutte una caratteristica in comune: una propria rete vendita mondiale fondata, per quanto riguarda le più importanti, su un proprio retail di vendita; Gucci mi sembra che abbia il 100% di negozi propri e nessun negozio indipendente.

 

Negli ultimi anni, in queste aziende, si è anche invertito il processo di delocalizzazione che si era sviluppato in passato; la complessità dei modelli non standardizzati, la particolarità degli accessori, le difficoltà a seguire logisticamente i continui mutamenti dello stile e del disigner ed infine una non meno forte esigenza di evitare le imitazioni che svalorizzano il prezzo del prodotto nei mercatini, hanno spinto e spingono queste griffes a tornare a produzioni controllate e fatte nel nostro paese, perlomeno per i prodotti di maggior pregio.

 

Ma la nostra Provincia si caratterizza anche per uno dei distretti orafi più importanti d'Italia insieme a Vicenza. Anche in questo settore le dinamiche di prospettiva vanno viste guardando all'azienda leader, UNOAERRE, che ha iniziato un percorso virtuoso per uscire dalla crisi, puntando su materiali meno nobili dell'oro che, per il suo stravalore, rischia di mortificare il valore del lavoro per trasformarlo in oggetto prezioso visto che è già prezioso di suo, mentre invece argento ed altri metalli possono divenire preziosi per la loro trasformazione lavorativa. Questa strada sembra l'uovo di Colombo, ma pare che si stiamo accendendo le prime luci dopo anni di crisi una buia che sembrava infinita.

 

Insieme al manifatturiero Moda/Orafo si va affermando nel nostro territorio un polo per la produzione intorno alle energie rinnovabili.

La Power/One è divenuta una azienda leader mondiale nelle produzioni di converter utili a trasformare, attraverso pannelli fotovoltaici collegati, i raggi solari in energia elettrica, e sta lavorando molto anche sul piano della ricerca in primis nella possibilità di accumulare l'energia prodotta di giorno. A tale proposito ha formalizzato nel mese scorso un accordo mondiale con PANASONIC, dove le due multinazionali collaboreranno per sviluppare, produrre e commercializzare sistemi di accumulo di energia per i mercati residenziale e commerciale a livello mondiale.

 

Mettendo insieme le conoscenze di Power One sugli inverter e di Panasonic sulle batterie agli ioni di litio nasce un connubio per fronteggiare un mercato mondiale che nel 2020 è stimato in 11 miliardi di dollari.

Non si parla solo di soldi, si parla di lavoro, si parla di ambiente, in prospettiva si parla anche di liberare in parte il nostro paese da una dipendenza energetica che è stato uno dei fattori negativi che l’ha sempre accompagnato anche nei momenti di sviluppo.

 

Ma questa naturale vocazione che ha il nostro territorio per l'industria manifatturiera va accompagnata ed assecondata a livello istituzionale.

Se seguiamo i media locali, a parte qualche crisi aziendale che fa notizia, la nostra provincia appare come una provincia commerciale; si parla molto della presenza dei banchi alla fiera antiquaria, della loro collocazione, dei costi della loro presenza, degli eventi legati ai mercatini enogastronomici internazionali, ai vari mercati, dai fumetti, all'elettronica, all'abit.ar..

 

La Camera di Commercio, negli ultimi anni, ha sempre mostrato un’anima più attenta al baratto che al prodotto. Noi pensiamo, invece, e questo nostro pensiero è anche condiviso dalle altre organizzazioni sindacali e categorie produttive che, nel rinnovo delle cariche che si sta attuando, debba pesare di più l'anima produttivo/manifatturiera della provincia stimolando iniziative e nascita di sistemi di supporto intorno alle nostre peculiarità, insomma, per non parlare in politichese, i contributi della Camera di Commercio trovino nuovi equilibri e direzioni rispetto al passato.

 

Posso tradurre anche in proposte concrete questo nuovo indirizzo, siamo insieme a Vicenza il distretto orafo più importante in Italia non esiste una bilateralità di sostegno per le imprese e per i lavoratori.

 

Nella nostra provincia manca anche l'approccio istituzionale giusto di fronte alle politiche di sviluppo industriale. L'esempio dell'osteggiato insediamento di una centrale a biomasse nella Valdichiana, in sostituzione dell'ex zuccherificio è emblematico.

La nostra Fai ha deciso di celebrare il congresso in prossimità dell'ex zuccherificio proprio per rimarcare il fatto che sono 6 anni che lo zuccherificio ha chiuso e si è sollevato un polverone dove si accavallano prese di posizioni da parte di sedicenti comitati di difesa dell'ambiente; di politici che tra una sigaretta e l'altra riscoprono i valori della natura; e di agricoltori preoccupati di una ricaduta negativa sulle vendite dei loro prodotti per il contagio delle cattive dicerie sulla centrale. Mentre, oggi, gli stessi impiegano quantità tali di diserbanti che ai piedi dei meli non nasce più neppure un filo erba.

 

Siamo arrivati al paradosso che, secondo una parte della opinione pubblica, i veri colpevoli sarebbero i lavoratori ancora legati all'ex zuccherificio, rei di percepire da troppo tempo gli ammortizzatori sociali.

Il Governo per sbloccare la situazione ha deciso di nominare il Prefetto commissario ed il 2013 deve essere l'anno decisivo anche perché non sono ipotizzabili proroghe ulteriori degli ammortizzatori sociali.

Quello che auspichiamo è che si decida non in base agli umori della gente, ma in base a valutazioni di impatto ambientale fatte dagli organismi preposti a tal scopo, dove prevalgano valutazioni scientifiche rispetto ai “si dice ed ai m'hanno detto...”

 

Purtroppo, la mia esperienza in questo ambito è negativa, ho vissuto due esperienze dove, di fatto, non siamo mai arrivati nemmeno alla presentazione dei progetti, mi riferisco alla Centrale Enel di S.Barbara ed al mancato sviluppo della Polynt, nell'uno e nell'altro caso gli investimenti sono andati in altre aree del nostro paese.

Probabilmente una nuova Centrale costruita con nuovi sistemi di sicurezza per il controllo delle emissioni avrebbe inquinato meno di quanto per venti anni e tutt'ora inquina la Centrale di S.Barbara.

 

L'investimento della Polynt è, invece, finito nell'area industriale di Ravenna con buona pace dei proprietari di villette sorte intorno allo stabilimento di San Giovanni Valdarno.

Purtroppo, in tutti questi casi si è scelto di governare il presente a scapito del futuro sia in termini ambientali che occupazionali, è lo stesso atteggiamento di chi crea dei debiti per non dire di no a qualcuno nel presente, non preoccupandosi che qualcun altro al suo posto dovrà in futuro farsene carico, anzi qualcuno scambia questo disdicevole comportamento “in capacità politica”, “capacità di interpretare i bisogni della gente”, il grillismo non nasce dal nulla, ma trova le fondamenta proprio in una politica che per galleggiare, per troppo tempo non si è mai assunta le proprie responsabilità, assecondando spesso le non scelte del presente per non mettersi contro nessuno e continuare a garantirsi un posto in politica.

 

E’ inevitabile che, prima o poi, i nodi vengano al pettine, il rischio è che il vento dell'antipolitica travolga tutti non distinguendo poi tra comportamenti responsabili ed irresponsabili.

Noi come sindacato non ce lo possiamo permettere perché non possiamo compromettere diritti e tutele che ci siamo conquistati nel tempo per il mondo che rappresentiamo, e continueremo a sostenere posizioni scomode per chi in politica non vuole scontentare nessuno, ma pensiamo che il nostro ruolo possa aiutare chi ha il coraggio di decidere con senso di responsabilità.

 

Tra gli esempi di poca responsabilità mi viene in mente il referendum sull’acqua pubblica. Troppo difficile e faticoso spiegare che il problema non è il costo dell’acqua, ma la sua potabilizzazione, distribuzione, depurazione in uscita prima di rientrare nel ciclo.

Spiegare che i costi che non vanno in tariffa li paga la fiscalità generale e, quindi, principalmente il conto è rimesso ai nostri rappresentati; meglio strizzare l’occhio ai referendari pensando di passar bene senza impegni attuando il principio della pigrizia politica che vede passar tutto e dimenticare molto, peccato però che Grillo su questo punto ci abbia fatto buona parte della campagna elettorale, per dimostrare che i politici non rispettano le volontà del popolo.

 

Nella nostra provincia, comunque, il settore che più langue è il settore dell’edilizia dove i numeri qui sotto rappresentati danno il quadro di un dimezzamento delle ore lavorate dal 12/2009 al 12/2012.

 

mm/aaaa                    n. imprese       n.operai            ore lavorate                  ore cig

12/2009                        511                2.333                221.638                    41.423

12/2010                        449                2.047                198.091                    60.896

12/2011                        417                1.853                181.216                    35.452

12/2012                        340                1.518                131.923                    31.202

 

Una volta si diceva che un lavoro di manovale non si negava a nessuno, oggi non è più così e molte persone che si erano affacciate al nostro paese con la prospettiva di un domani stanno ritornando nei paesi di provenienza.

In tutte le situazione di crisi sono gli ultimi a pagare il conto, in questo caso gli ultimi arrivati.

 

Il tema dello sviluppo industriale è certamente quello che per la mia provenienza più mi appassiona ma, avendo seguito tutto l'iter congressuale nelle varie categorie, mi preme sottolineare, anche per completezza di analisi, altri aspetti importanti.

 

L'aspetto finanziario sembra, in questa fase, aver preso il sopravvento su tutti gli altri; l'economia di carta che ha visto in alcuni periodi della nostra storia il concentrarsi di ricchezze sotto la spinta del far soldi con i soldi, money for money, non era solo il titolo di un film di successo, ma la giusta rappresentazione di una filosofia che ha fatto molti proseliti nel mondo finanziario ed ha visto abbandonare il lavoro come punto di riferimento.

 

Le banche, in questa partita, non sono state uno snodo secondario, poiché molte hanno preferito privilegiare gli affari rispetto al tradizionale mestiere molto più faticoso ma più naturale della raccolta dei risparmi e del credito alle famiglie ed alle imprese. Dopo gli eclatanti casi della Lethaman Brothers e figli si è iniziata a scoperchiare una pentola che da tempo era in ebollizione, ma nessuno aveva interesse a scoperchiare.

 

Questa crisi, purtroppo, rischia di rimettere ai lavoratori del settore bancario, alle imprese ed alle famiglie i conti da pagare, che in passato hanno riempito le tasche ai manager, che avevano scoperto il petrolio dell'economia di carta.

 

La nostra è una provincia dove è forte la presenza del MPS e della Banca Popolare dell'Etruria, una eventuale debacle di questi istituti porterebbe a danni incalcolabili per tutto il nostro territorio, non mi va quindi di unirmi a quella becera e semplicistica analisi che fa delle banche i colpevoli dei mali della nostra società.

Voglio, invece, sottolineare che al congresso della nostra Fiba sono emerse, insieme alle preoccupazioni, proposte che vanno nella direzione di privilegiare quelle aziende di credito che fanno il vecchio mestiere di banca, e quindi, aiutare quelle banche che hanno crediti svalutati dalla recessione.

Questa potrebbe essere una strada per aiutare le banche, ma anche le imprese. Infatti, se un’azienda ha avuto crediti per 1 milione di Euro perché il proprio capannone industriale aveva un certo valore è molto pericoloso che la Banca d'Italia chieda alla banca di rientrare per quanto si è esposta per un valore che oggi si è svalutato per la forte crisi immobiliare, perché il passo successivo sarà quello di chiedere all'industria di rientrare e con la crisi di liquidità si creano i presupposti per ricorrere a procedure fallimentari, in forte aumento nella nostra provincia.

 

Certamente, le ultime vicende che hanno messo in evidenza la mala gestione e gli scandali, da parte di alcuni manager o presunti tale, ripropongono in modo cogente il problema della Governance degli Istituti di Credito e ci stimolano a sollevare, in alcune realtà, il problema di un controllo da parte dei lavoratori senza escludere una partecipazione diretta dai Consigli di Vigilanza o gestione.

 

La fase di ristrutturazione e riorganizzazione sta investendo tutti i settori, e la pubblica amministrazione, in una fase in cui si dipinge la spesa pubblica come il problema dei problemi, il male dei mali, è inevitabile che sia soggetta a forti spinte di cambiamento, tese a ridurre e tagliare i costi.

Pur sapendo di affrontare un percorso difficile il nostro sindacato, la funzione pubblica ha scelto di accettare il confronto con le amministrazioni sui costi della P.A. nell’intento di salvare il concetto che i lavoratori pubblici sono una risorsa a disposizione della società e non un costo da tagliare.

Ma l’accettare il confronto presuppone, ancora una volta, l’assunzione di responsabilità anche sul terreno dell’efficienza e sulla sobrietà delle spese, presuppone l’accettazione di un confronto sul merito e sui risultati anziché sul meno impegnativo, ed a volte, più condiviso falso egualitarismo.

 

Al comune di Arezzo, per perseguire la strada di conservare i meccanismi salariali fuori da ogni obiettivo, la CGIL è ricorsa fino alla magistratura trascinando i lavoratori in una sconfitta, che spinge la dirigenza ad assumere posizioni più oltranziste a danno di una paziente ed equilibrata trattativa.

 

La nostra Funzione pubblica ha deciso di non lasciare soli i lavoratori di fronte alle trasformazioni del settore anche se in una fase non certo di avanzamento questo può comportare, in alcuni momenti, pagare un prezzo di impopolarità. Certo, in un settore come quello dei postali, dove la Cisl è il sindacato maggioritario ad Arezzo, in Toscana ed in Italia abbiamo raggiunto ad Arezzo il 62% nelle ultime elezioni per il rinnovo della RSU, affrontare il confronto, seppure con le fatiche e difficoltà che la crisi ed i tagli impongono, è molto più facile fare prevalere la nostra impostazione e la riprova è che i lavoratori ci guadagnano.

Abbiamo evitato tagli di personale che sono avvenuti in altri paesi e la Posta, oggi, fa gola nel mercato sia per il ruolo nelle comunicazioni che nella raccolta, anzi, il rischio è proprio questo che alla fine si chiami in campo l’autority per smembrare un’azienda che ha avuto una grande trasformazione, che ha visto i lavoratori protagonisti di questa trasformazione mantenendo un'unica entità e migliorandone l’efficienza a vantaggio degli utenti e dello Stato rimpinguando con la raccolta le casse del Tesoro.

 

La Cisl Scuola, altro settore sotto la scure della spending review, ha raccolto in un piccolo testo, ma molto efficace la propria azione dal 2008/2012 intitolandolo “A carte scoperte. I nostri risultati in anni difficili”, descrivendo, in modo dettagliato e sintetico, la nostra azione su: Misure salva precari, il recupero degli scatti di anzianità, il piano triennale di assunzioni, lo stop alle fasce di merito di Brunetta in ognuna di queste battaglie la CGIL scuola ha abbandonato i tavoli proclamando scioperi che hanno raccolto adesioni inferiori al 15%.

La Cisl scuola, e qui riprendo le parole che concludono il testo della Segreteria nazionale: “Questo è quanto ha prodotto, in anni straordinariamente difficili, il nostro lavoro. La nostra attenzione ai risultati, a quelli concretamente ottenibili e non a quelli solo auspicabili, fa di noi un sindacato concreto e pragmatico, ma animato da forte tensione politica, ideale e valoriale. La contrattazione è il terreno privilegiato del nostro agire, quello che fa di noi un soggetto sociale dotato di senso e ruolo ben precisi.

Fuori da ogni subalternità, come da ogni pretesa di prevaricare il ruolo di altri soggetti: fiero della sua identità e delle sue prerogative, indisponibile a delegarle ad altri, determinato a esercitarle sempre con la massima efficacia.

Questa è la Cisl Scuola, questa è la strada su cui intendiamo proseguire”.

 

Al ongresso della FIT oltreché sottolineare le preoccupazioni sul Piano regionale dei Trasporti, per le possibili ricadute negative per l'utenza e l'occupazione, con il rischio di una terziarizzazione dequalificata a livello di tratte Comunali, è emersa anche l'esigenza di sottolineare come lo sviluppo delle infrastrutture è determinante per il territorio aretino:

Completamento della SGC Grosseto/Fano E78

Ammodernamento della Orte/Ravenna E45

Raccordo dalla rete ferroviaria locale a quella nazionale “alta velocità”

Realizzazione della ferrovia Roma/Sansepolcro/Rimini/Venezia

Raccordo Arezzo/Battifolle.

La distanza tra una città ad un'altra non si misura solo in termini geografici ma nel tempo che ci vuole per raggiungerla: Firenze dista da Roma 1,30; ora Arezzo dista da Roma 3ore.

La nostra provincia ha vissuto in prima linea la disputa che si è aperta in merito alla soppressione di questo livello istituzionale.

 

Una riorganizzazione dello Stato e dei suoi livelli è determinante per lo sviluppo futuro del paese.

Il Governo prima di cadere aveva legiferato sulle province, decidendone la scomparsa come primo livello di elezione e la riduzione secondo parametri che avevano visto Arezzo nel limite dei 350.000 abitanti.

Tale orientamento sarà confermato dal futuro governo?

Nel frattempo si sta muovendo in modo abbastanza diffuso il processo di unificazione di alcuni comuni spinti da una legislazione di vantaggio verso gli accorpamenti, il futuro governo vorrà accelerare questo processo.

Una diminuzione dei livelli decisionali ed un loro concentramento, non vuol dire una diminuzione della democrazia, ma in alcuni casi anzi un percorso di maggiore trasparenza ed efficacia.

Con tutti i livelli di decisione e frammentazione delle competenze basta un piccolo comitato per fermare decisioni che spesso comportano lo sviluppo di un intero territorio.

 

 

Lo stato sociale

Nelle politiche del welfare, per la CISL, una grande attenzione va rivolta alla condizione degli anziani. In questi anni essa ha subito un aggravamento dalle politiche del “rigore”, che hanno colpito pensioni, trattamenti sociali, servizi socio sanitari. Gli anziani sono le persone  delle fasce sociali più colpite dalla povertà, assieme ai bambini e ai giovani. Occorre una politica organica.

Rispetto ai redditi da pensione va escluso qualsiasi ulteriore intervento sulla rivalutazione rispetto al costo della vita, e va perseguito un intervento organico sulla riduzione del prelievo fiscale, partendo dalle prime aliquote e con allineamento delle detrazioni a quelle del lavoro dipendente.

Le condizioni sociali degli anziani devono essere oggetto di particolare attenzione nelle politiche fiscali e tariffarie locali.

 

Puntiamo sulla concertazione territoriale con Regioni e AA.LL. per ricostruire un nuovo welfare locale attivo, fattore di sviluppo per l’intero sistema sociale ed economico, con al centro le politiche fiscali e tariffarie, le politiche per la famiglia e per gli anziani, la strategia dell’integrazione socio sanitaria, le politiche  del lavoro e del diritto allo studio, l’integrazione sociale dei lavoratori e delle famiglie immigrate.

La concertazione territoriale non deve essere subalterna al ricatto dei tagli alla spesa sociale, quindi soprattutto a carico dei pensionati, da parte di Regioni e AA.LL., che non si impegnano a combattere la corruzione (dalla sanità agli appalti), ad intervenire sui costi della politica, sugli sprechi e sulle inefficienze delle loro amministrazioni.

Particolarmente nei settori socio sanitari i termini di una strategia riformatrice per migliorare il servizio e ridurre i costi sono quelli della definizione dei livelli essenziali di assistenza da garantire a tutti, con i relativi bisogni e costi standard, condizione per una efficace spending review alternativa ai tagli lineari, della priorità della prevenzione, della promozione dei servizi sanitari e assistenziali integrati nel territorio, della specializzazione dell’accesso ospedaliero, di una governance per una gestione virtuosa e partecipata. Nella nostra provincia il ruolo di concertazione è stato principalmente svolto dalla FTP, dobbiamo insistere in una integrazione maggiore del socio sanitario con le Categorie che lavorano in questi servizi e la confederazione.

 

 

Il Fisco per la Cisl

La prima priorità è la modifica della composizione del sistema tributario, con uno spostamento del carico dalle imposte dirette a quelle indirette, in particolare patrimoni, proprietà (con esclusione della prima casa) e consumi.

Lo spostamento dell’onere tributario dalle imposte dirette a quelle indirette, seguendo l’esempio di molti paesi dell’UE, produrrebbe uno stimolo alla crescita che farebbe ripartire l’economia e renderebbe possibile la riduzione della pressione tributaria.

 

Va in primo luogo ridotto il peso dell’Irpef, divenuta nel tempo un’imposta gravante quasi esclusivamente sui redditi da lavoro dipendente e da pensione, perdendo così il ruolo di strumento efficace di distribuzione progressiva del carico fiscale su tutti i contribuenti. Va ridotta fortemente la progressività sugli scaglioni più bassi e diminuita l’aliquota di partenza.

 

Vanno potenziate alcune forme di detrazioni che maggiormente sono in grado di influenzare il profilo distributivo dell’Irpef come quelle per lavoro dipendente e pensioni. Va tutelata la famiglia attraverso un aumento delle detrazioni specifiche o, come noi proponiamo, attraverso una generalizzazione dell’Assegno per il nucleo familiare.

 

Le imposte indirette tendono ad essere più regressive di quelle dirette. Quindi, parte del maggior gettito ottenibile dalle indirette deve essere restituito alle famiglie e agli individui con redditi bassi e con maggiori indicatori di bisogno: carichi familiari, spese sanitarie, ecc..

La situazione degli incapienti dovrebbe essere affrontata con coraggio, tramite il finanziamento di un’imposta negativa per quelle fasce di reddito al di sotto o vicine alla soglia esente.

Il recupero di gettito dal prelievo su consumi e patrimoni deve anche servire per finanziare una riduzione della tassazione sulle imprese che favorisca gli investimenti, le innovazioni e l’occupazione, per migliorare la competitività dell’industria italiana e le potenzialità di crescita.

In questo quadro va resa strutturale la detassazione del salario di produttività.

In un contesto attuale come quello europeo, il recupero di margini di competitività per l’industria italiana, visto che non può essere effettuato via una svalutazione del cambio, può essere in parte raggiunto tramite misure fiscali. L’Iva è sicuramente una di queste poiché, come è noto, non passa sui prezzi alle esportazioni ma anzi colpisce le importazioni simulando una svalutazione. Se a queste misure se ne aggiungono altre, come ad esempio, forme di credito di imposta per gli investimenti, la patrimonializzazione delle imprese e la ricerca e l’innovazione, il sistema tributario, senza sostituirsi alla politica industriale, potrebbe comunque stimolare fattivamente la ripresa economica, la crescita e l’occupazione.

 

 

La riforma organizzativa della CISL

Ho iniziato questa mia relazione dando alcuni numeri sulla CISL aretina.

La nostra è una struttura che ha raggiunto ottimi traguardi anche nell'ambito dei servizi, nonostante che in Toscana, tradizionalmente, prevalgono altre sigle.

Ci vantiamo di essere in assoluto il primo CAF in Arezzo, nella capitale della Valtiberina Sansepolcro ed in quella della Valdichiana Castiglion Fiorentino. Siamo primi in Toscana per la miglior percentuale di utenza servita rispetto alle altre realtà territoriali sul totale. Anche il Patronato Inas ha raggiunto dati particolarmente positivi (sono nelle cartelle consegnate); e siamo presenti in 14 sedi su 38 comuni.

Nonostante questi parametri tutti positivi non dobbiamo adagiarci e dare per scontato che il nostro modello sia intoccabile.

Prima di tutto sarà necessario riflettere in futuro che una eccessiva rarefazione nel Territorio non vada a danno dell'efficacia ed efficienza dei servizi.

Alcune nostre categorie si sono Regionalizzate. Alcuni Comuni si stanno accorpando. Anche se la cultura ARETINA è fortemente autonomista ,anche se in questa fase il nostro territorio non è stato interessato direttamente da mutamenti territoriali, dobbiamo considerarci parte dell'organizzazione ed i nostri confini non sono quelli di un fortino.

 

Viviamo la riforma organizzativa con spirito di apertura, non per conservare posizioni ma in una logica di servizio all'organizzazione con l'obiettivo di lavorare in armonia con la Struttura Regionale e la Confederazione Nazionali.

Essendo la nostra struttura con buoni numeri e fondamentali abbiamo i presupposti per non subire, ma costruire insieme agli altri anche diversi assetti territoriali da quelli attuali.

 

In questi 4 anni io sono subentrato in corsa ma poco dopo la partenza, abbiamo cercato di fortificare la nostra organizzazione sia in termini strutturali, vedi rinnovo di alcune sedi, sia in termini finanziari (forte riduzione dell'indebitamento), sia in termini di immagine (uso maggiore mass media); ho imparato in uno dei miei primi campi formativi che le politiche non sono mai slegate dall'organizzazione, una organizzazione solida e forte è in grado di fare solidarietà, di assolvere al meglio al ruolo di tutela e protezione dei lavoratori.

In uno slogan potrei dire la CISL di Arezzo deve avere la forza di assistere e sostenere le categorie ed i lavoratori che rappresentano e non essere assistita.

I risultati raggiunti sono il frutto di un impegno di squadra della mia segreteria dove ringrazio fraternamente Fabrizio per le sue grandi capacità organizzative e Lucia che lascerà la Segreteria, ma non l'impegno con l'unione continuando a seguire il dipartimento della Formazione, ringrazio la struttura tecnica ed amministrativa, i collaboratori, insieme alle categorie ed alle nostre leghe che svolgono un indispensabile ruolo di accoglienza presso tutte le nostre numerose sedi.

Penso di interpretare un po' il pensiero di tutti che nella nostra struttura Aretina si respira un clima di amicizia e fraternità.

 

Le elezioni ci hanno lasciato un responso scioccante, almeno per i mercati finanziari. Una ipotetica difficile governabilità.

Ci sono vicende che hanno sicuramente influito sull’esito del voto, primo che scoppiasse lo scandalo MPS, Grillo stava valutando di andare in Televisioni perché i suoi sondaggi erano in caduta, poi ha detto “non ne abbiamo più bisogno”.

Professionisti delle stime sui sondaggi del voto parlano di un 10% in più per Grillo sia legato alla vicenda MPS pagato dal PD e da Monti in termini elettorali i primi, colpevoli di avere troppi amici nel C.d.A, il secondo reo di avere trovato una soluzione per coprire il buco  della Banca.

Certamente, i ritardi sull’intervenire nei costi della politica, nella diminuzione dei parlamentari, nella riforma elettorale, nella mancata semplificazione dei livelli istituzionali, l’aver strizzato l’occhio ai referendari dell’acqua e poi non essere conseguenti, gli scandali sui tesori nascosti dei partiti hanno creato una linfa sulla quale non ha attecchito la Sinistra Antagonista considerata all’opposizione, ma parte del sistema che ha favorito il movimento di Grillo che ora sarà chiamato a passare dalle battute ai fatti se non vuole fare la fine di tutti quei meteoriti della politica che si sono affacciati e poi scomparsi nello scenario del paese.

 

La prima emergenza che il nostro paese si trova ad affrontare è quella del Lavoro.

Creare nuovi posti di lavoro, è l’obiettivo che tutti si devono dare per i prossimi anni. Insieme a quelle industrie che citavo nella mia prima parte della relazione che si stanno sviluppando, ci sono tante cose da fare per guardare al futuro del paese, senza abusare di una nuova fase di cementificazione c’è da ristrutturare un grande patrimonio edilizio, cominciando dai luoghi frequentati dai nostri ragazzi come le scuole, ci sono infrastrutture da costruire, ci sono ricerche da fare nell’ambito della sanità e della salute, a tale proposito è veramente stimolante e da prendere di esempio il proposito del Presidente degli USA Obama per prodigarsi nei prossimi anni in un impegno straordinario della ricerca contro Parkinson ed Alzeimer.

 

Dobbiamo guardare ad uno sviluppo più partecipato, ad una società dove aumenta la consapevolezza di chi consuma e di chi produce.

Dobbiamo riappropriarci di alcune virtù che in passato hanno fatto del nostro paese una delle locomotive più importanti a livello mondiali.

 

Queste virtù sono fiducia e speranza.

Fiducia nei nostri figli e nei giovani senza paura nel trasmettere responsabilità, speranza affinché prevalgano valori etici e morali che ridiano fiato e coraggio a tutti coloro che con passione sacrificio impegno cercano di costruire un futuro migliore.

La CISL con i suoi dirigenti, i suoi militanti, i suoi collaboratori è pronta a questa sfida con coraggio e responsabilità.

 

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